Il vuoto, Aristotele, la meccanica quantistica

Stephen Hawking in “Una breve storia del tempo, dal Big Bang ai buchi neri”, 1988: “Even what we think of as ‘empty’ space is filled with pairs of virtual particles and antiparticles that appear together, move apart, and come back together and annihilate each other”. Traduzione: “Anche ciò a cui pensiamo come spazio ‘vuoto’ è pieno di coppie di particelle e antiparticelle virtuali che appaiono insieme, si separano, e poi tornano insieme e si annichilano”. Attenzione: una particella virtuale in fisica quantistica non è immaginaria; essa ha delle caratteristiche che la differenziano da una particella detta “reale”, tuttavia obbedisce a leggi fisiche precise e ha effetti osservabili. La definizione che Hawking dà di particella virtuale alla fine del suo libro è: “In meccanica quantistica, una particella che non può essere rilevata in modo diretto, ma la cui esistenza produce effetti misurabili”.

 

Aristotele: lo spazio vuoto non può esistere, perché lo spazio coincide con la posizione. Un luogo è definito dai suoi confini, quindi da ciò che c’è all’esterno di quel luogo. Allo stesso modo, lo spazio “vuoto” non esiste perché è definito dal corpo che occupa quello spazio.

Il pensiero aristotelico si differenzia da quello cartesiano o kantiano in filosofia e newtoniano in fisica.

 

Cartesio e Kant: il concetto di “spazio” è spiegabile come un’entità tridimensionale che può espandersi all’infinito. Esso esiste indipendentemente dalla presenza di materia in esso.

 

Carlo Rovelli in “L’ordine del tempo”, 2017 - contrappone la visione aristotelica a quella newtoniana spiegando come esse trovino risoluzione in un “punto intermedio” segnato da Einstein e dalla teoria della relatività. “Aristotele ha ragione a dire che “quando” e “dove” sono sempre solo il localizzarsi rispetto a qualcosa. Ma questo qualcosa può essere anche soltanto il campo, lo spaziotempo-entità di Einstein.” Lo spaziotempo, viene spiegato, è un’entità concreta e dinamica. Esso ha le stesse caratteristiche delle cose rispetto alle quali Aristotele dice che ci localizziamo, ma non si esaurisce in esse. Lo spaziotempo è simile allo spazio di Newton ma si discosta da quest’ultimo per due motivi principali: lo spazio di Newton è separato dal nostro mondo ed è regolare (“liscio” e “piano”). Diversamente, lo spaziotempo einsteiniano è un campo come gli altri, compreso nella “stratificazione” del nostro mondo e non è imperturbabile: esso si piega, si contrae, ondula, si concentra e si rarefà.

 

A questo proposito, per approfondire una concezione “relazionale” della meccanica quantistica contemporanea, utile si prospetta la lettura di “Helgoland”, il nuovo libro di Carlo Rovelli. 


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